Fotografie di montagna
Ammetto subito che non avrò molte fotografie da pubblicare in questa pagina: anche se la montagna mi attira molto, per motivi vari (familiari, di compagnia ecc.) non partecipo praticamente mai ad escursioni o altre attività di questo tipo (figuriamoci le scalate...). Di conseguenza, le occasioni che mi capitano per scattare fotografie di questo tipo sono piuttosto scarse. E sempre "dal basso".
Vorrei però inserire almeno qualcuna delle foto che ho fatto alla zona delle mie montagne preferite, le Alpi Marittime al confine fra Liguria e basso Piemonte, perché le ho spesso frequentate da bambino ed ho avuto modo di conoscerle e visitarle. In particolare, voglio dedicare una pagina a queste (ne trovate i link qui a fianco, quelli sotto sono riferimenti enciclopedici):
- il Mongioje (2.630m), una delle più alte cime delle Alpi Marittime, che domina la zona dove nasce il Tanaro.
- l'area dell'Alta Val Tanaro, un lungo e verdeggiante canyon calcareo in direzione Ovest-Est, con splendidi panorami alpini che si alternano a strette gole rocciose
- il Saccarello (2.200m), il monte più alto della provincia di Imperia, al confine con la Francia
Il Mongioje
Perché la definisco "montagna preferita"? Per ragioni familiari: nel dopoguerra mio padre, poco più che ventenne, venne in vacanza da queste parti per varie stagioni (raccontava di epici trasbordi da Ponti di Nava a Viozene sul cassone di un ex camion militare), ed il Mongioje era la meta designata di ogni escursione "importante" che partisse da Viozene. A lui quel picolo paese di montagna doveva essere sembrato fantastico, tanto che ci portò spesso in gita la famiglia, finché non lo fece piacere anche a me.
(cliccare sulle miniature per visualizzare l'immagine intera)
Visto da Sud |
Panoramica del gruppo del Mongioje (da sinistra a destra):
(a sinistra non si vede la montagna più alta, il Marguareis (2.651m) nascosto dalla più vicina cresta di Piancavallo) |
Anche se il protagonista dei suoi racconti era sempre il Mongioje, imparai così che il nome del paese proprio sotto il gruppo, Viozene, veniva dalla "Via de Xena", cioé "la via verso Genova", e faceva parte di un antico tracciato che, a piedi e a dorso di mulo, portava le merci fra Piemonte e Liguria in linea retta, scavalcando il massiccio nel punto più "basso", il passo chiamato "Bocchino dell'Aseo" (a circa 2.280 m). Ricordi di questi traffici (olio, olive, sale da una parte, barattati con farina e granoturco dall'altra) rimangono in "Pian dell'Olio" (un piccolo altipiano di poco sottostante, dove mio padre sosteneva che, essendo stato per lungo tempo sede di commerci d'olio, ci fosse un masso ancora unto...), nel "Passo delle Saline" (il sale marino è indispensabile nella preparazione del formaggio e, lontano dal mare, era molto prezioso) ed altri toponimi.
Visto da Sud |
Dettaglio della zona della vetta
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Venni anche a sapere che quella era la via "comoda" per salire in vetta (anche se da lì in poi si doveva salire "mani e piedi"...), ma per gli avventurosi ce n'era un'altra, da brividi, per scendere a rotta di collo: era il "Passo delle Scaglie" più ad est, una specie di canalone ripidissimo, ricolmo di pietrame (in dialetto ligure, le "scàje" sono appunto i sassi irregolari). Qui ci lanciava in una via di mezzo fra la discesa di corsa e la caduta, sprofondando velocemente a valle insieme a piccole frane di pietre: in pochi minuti ci si ritrovava verso Pian Rosso, il grande pascolo in quota sotto il massiccio.
Dalla località di partenza delle escursioni |
Il Mongioje visto dal basso Oltre ai legami affettivi, quello che mi è sempre piaciuto del Mongioje è proprio la sua forma torreggiante ed irregolare, vagamente dolomitica, ben diversa dallo stereotipo delle montagne "a punta" (come ad esempio il Pizzo d'Ormea), sempre perfettamente riconoscibile anche da molto lontano |
Rimasi anche affascinato nel sentire che, più ad ovest, ai piedi della parete di roccia quasi verticale del Mongioje, si trovavano caverne e grotte, in cui era pericoloso avventurarsi (ci sono davvero, essendo la montagna di origine calcarea: anni fa alcuni speleologi erano rimasti pericolosamente bloccati per qualche giorno in grotte del vicinissimo gruppo del Marguareis).
Visto da Sud |
Altra vista estiva dell'intero gruppo Dal Colle di Nava si sale a S.Bernardo di Mendatica con una lunga strada tortuosa. Man mano che si sale, però, il panorama diventa sempre più interessante, finché, in una curva, si apre improvvisamente una vista magica sul Mongioje e tutte le montagne circostanti, di pura natura (soltanto monti, valli e boschi, non si vedono né paesi né case né strade): è da lì che ho scattato, in anni diversi, parecchie di queste fotografie. |
Qualche ricordo delle camminate di mio padre è rimasto, questa ad esempio è una sua fotografia del '56, in vetta. Da quelle escursioni ricordo i consigli, sicuramente tramandati da altri camminatori più anziani: "Si deve partire da Viozene alle 5 di mattina, perché alle 10 in vetta normalmente ci sono già le nuvole. Ma se si arriva prima, la vista è indimenticabile: da una parte si vede la Corsica, dall'altra Torino e le Alpi".
Il mio cruccio è non esserci mai salito con lui: dopo avermi ripetuto per anni "quando sarai più grande ti ci porterò", un giorno invece mi disse: "dovrai andarci da solo, oramai sono troppo vecchio per arrivarci ancora". Infatti fu così: l'unica volta che ci sono andato è stato nel 1984, con alcuni amici. Di quela volta ricordo che, quasi in vetta, a pochi metri da me si alzò un'aquila, evidentemente disturbata dal mio arrivo.
Con mio padre sono invece riuscito a salire, intorno al 1970, sul non lontano monte Bertrand, di 2.480m, al confine fra Italia e Francia stabilito nel 1947.
Dalla chiesa di S.Luca alle Cascine, a Imperia |
Il massiccio del Mongioje da Oneglia La montagna si vede anche da Imperia: nelle giornate invernali, fredde e terse, si può facilmente vedere dal molo del porto di Oneglia, o anche dal casello autostradale di Imperia Est. |
Insomma, ai miei occhi di bambino il Mongioje sembrava una fantastica terra delle avventure. Solo in parte, però, erano ingrandite dalla mia fantasia: rispetto alle attuali comodità, c'era davvero qualcosa di più "eroico" nel frequentare quei posti: ora, da Ponti di Nava a Viozene si sale dolcemente, con una larga strada asfaltata; solo dal panorama e dalle tante curve si capisce di essere in montagna. Ma ancora negli anni '60 la strada era solo una stretta sterrata polverosa che seguiva per un bel po' il Tanaro e poi, arrivata sotto Viozene, si inerpicava improvvisamente fino al paese con una serie di ripidi tornanti.
Inoltre, adesso la carrozzabile Viozene-Upega attraversa le strettissime gole del torrente Negrone, il primo immissario del Tanaro, con la sede stradale scavata nella roccia del temibile Passo delle Fascette (qui è visibile come è ora, ma ancora quando ero piccolo non c'erano protezioni verso il burrone sottostante né dagli eventuali massi che provenissero dall'alto del canyon). I miei mi raccontavano che fino a non troppi anni prima, quando la strada non c'era ancora, si arrivava ad Upega solamente a piedi, tramite una via ferrata che era disposta sulle pareti di roccia a picco sul torrente!
Qualche rara vista invernale
D'inverno è ben difficile che vada da quelle parti, anche se immagino ne varrebbe la pena: non ho né l'attrezzatura né la compagnia adatta, ma soprattutto mi manca il tempo necessario. Ma qualche fotografia l'ho scattata, soprattutto quando, nelle giornate terse, la montagna appare da lontano. E poi, davanti al computer, spesso non resisto alla tentazione di modificare pesantemente il contrasto dello sfondo, anche se so che otterrò una foto falsa: è sempre quasi magico vedere apparire in un attimo, da una montagna immersa nella foschia, i dettagli delle zone innevate e no. Qui ho messo scatti dove ho cercato di non esagerare...
Il gruppo parzialmente innevato (strada Mendatica-S.Bernardo di Mendatica) |
Visto da Imperia |
Il Mongioje innevato (contrasto aumentato artificialmente) |
Visto attraverso il sottopasso ad arco di una casa |
Inverno: il Mongioje incorniciato (contrasto aumentato artificialmente) |
U Bucchìn d’e Scàje
Questo termine in dialetto ligure (tradotto in italiano come "Passo delle Scaglie") indica, come ho già scritto nella pagina del Mongioje, un grande canalone di pietrame del massiccio di questa montagna dalla forma irregolare, che permette la discesa dal semi-altipiano della vetta in pochissimo tempo, quasi precipitando fra i frammenti di roccia. Si trova, guardando la vetta da Viozene, alla sinistra dell'immenso blocco roccioso del tratto terminale.
Qui sotto un paio di foto (entrambe mostrano una zona fortemente ingrandita con il teleobiettivo, le cui reali dimensioni sono molto maggiori di quanto possa sembrare dalle immagini)
Il passo delle Scaglie Il grande canalone ripreso dalla strada fra Viozene e Upega, poco prima del Passo delle Fascette (la mancanza di oggetti noti o punti di riferimento non permette di intuirne facilmente le dimensioni, ma si tratta di un pendio ripidissimo, con un dislivello dell'ordine delle centinaia di metri) |
Il grande gruppo di torrioni naturali
I tre grandi torrioni rocciosi a destra della base del canalone, fortemente ingranditi con il teleobiettivo |
"Garibaldi"
Di fronte al Mongioje, sull’altro lato dell'Alta Val Tanaro, il pendio è selvaggio, ripidissimo e boscoso: una muraglia naturale quasi inaccessibile. Guardandolo da Viozene, il suo nome sembra ironico: "Piancavallo". Invece dall’altra parte del pendio, quello ligure, qualche pascolo verde c’è, anche se piuttosto scosceso.
Sullo sfondo, da sinistra a destra, i monti che fanno da confine con la Francia: Fronté (2.151m, al centro della foto), Saccarello (2.200m, con la "gobba" erbosa, Cima Ventosa (2.137m) e Cima Missun (2.356m). |
L'anteprima di Piancavallo
Nella foto, il costone roccioso che si può considerare un’anteprima di Piancavallo (ma la cui parete nord è un po’ meno scoscesa): è quello che da Ponte di Nava fiancheggia il Tanaro da destra, salendo verso Viozene (il vero Piancavallo, che inizia dopo l'interruzione costituita dalla confluenza del torrente Tanarello nel corso d’acqua principale, di fatto ne è la continuazione) |
Una particolarità di queste rocce carsiche, che appare procedendo per Upega dopo Viozene, è il grande torrione naturale chiamato "Garibaldi", perché ricorda davvero la sagoma del rivoluzionario nostrano (confrontare la foto della roccia con due suoi profili, con e senza berretto).
Il grande "Garibaldi" (quello di pietra...) |
...e quello vero, qui ritratto in uno |
...e qui invece senza. |
Il Saccarello
Anche del Saccarello ho dei ricordi giovanili: essendo molto più vicino al paese in cui passavamo le vacanze estive ci sono stato parecchie volte, anche se quella che ricordo meglio è l'ultima, di pochi anni fa: stranamente, sono partito in auto da solo, al mattino presto, e quando sono arrivato quasi in vetta non c'era assolutamente nessuno. Ben diversamente dalla consueta aria di scampagnata di quando si va in montagna in gruppo, l'impressione che ne ho avuto è stata completamente diversa, quasi di timore, acuitosi quando un grosso rapace si è alzato in volo, con uno stridìo minaccioso, non molto lontano da me.
Poi sono salito in vetta, dove non ero mai stato (la meta tipica delle gite era il vicinissimo Redentore), ed ho visitato la postazione militare dei primi del '900, ancora ben conservata considerando il completo abbandono e la durezza del clima, lassù (d'inverno non è raro che vi si accumulino anche 7 metri di neve!). Poi l'arrivo dei primi rumorosi turisti ha fatto velocemente svanire il fascino del posto...
Il gruppo del Saccarello visto da forte distanza (*) | ||
(*) la foto è stata scattata da Forte Pozzanghi, |
Da notare che, se il lato italiano sembra un grande prato in pendio, il versante ovest (dal 1947 territorio francese) è invece quasi verticale, con uno strapiombo di centinaia di metri. |
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