OM-1N

     Perché circa 40 anni fa ho scelto Olympus

    Verso la fine degli anni '70, a quasi vent'anni, non avevo ancora la minima idea di cosa stesse dietro le grandi marche fotografiche: storia, particolarità, costi eccetera. Volevo solo cimentarmi personalmente con la fotografia, invece che fare da soggetto alle foto di famiglia come era stato fino a quel momento: vedendo cosa aveva fatto un amico poco più grande di me, che aveva una reflex (fiori, panorami, paesaggi), volevo provarci anch’io. In realtà la sua macchina era una Yashica mastodontica, ancora con attacco a vite… ma allora era normale. Ed anche le sue foto dovevano essere piuttosto modeste, ma per me diciottenne erano un salto in avanti rispetto alle foto ricordo scattate da mio padre. Così, dopo un’estate passata prima a discutere di fotografia con l’amico (e ad imparare), poi a fare qualche scatto io stesso con la sua reflex, quindi a tentare di utilizzare l’unica fotocamera di famiglia (la Yashica Lynx 1000 a telemetro che mio zio, marittimo, aveva portato dai suoi viaggi in Giappone per mio padre), capii due cose:

  • la fotografia mi interessava davvero
  • la Yashica di famiglia non era adatta per ciò che volevo fare

In realtà, quello che non era davvero adatto era il suo obiettivo: io ero attratto dalle macro (evidentemente i colori dei fiori ripresi dal mio amico con un kit di lenti addizionali mi avevano colpito) e per quel tipo di fotografia lo Yashinon 45mm f/2.8, leggermente grandangolare, non intercambiabile e soprattutto con una distanza minima di messa a fuoco inadatta ai soggetti piccoli e vicini, non era praticamente utilizzabile.

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L'Almanacco di Fotografare 1979

L'elenco dei desideri di allora, una specie di "letterona a Babbo Natale"!

Così nacque l’idea di dotarmi anch’io di una macchina fotografica "vera", anche perché al liceo avevo partecipato ad un corso per principianti, dove si dava per scontato che si avesse la possibilità di usare una reflex. Iniziai quindi quello che allora era tipico dei ragazzi che stavano mettendo da parte una somma non indifferente (per loro…) per permettersi un acquisto "importante" (impianto stereo, motorino, macchina fotografica, chitarra elettrica…): studiare, meditare, ponderare, paragonare e… sognare sui cataloghi. Nel mio caso, penso di aver consumato almeno un paio di copie dell’Almanacco di Fotografare, la raccolta semestrale di tutto il materiale fotografico sul mercato italiano, ordinata per prezzi, marche e principali prestazioni: scorrevo le pagine, oscillando fra quello che avrei potuto permettermi e quello che invece era mitico e per me certamente irraggiungibile (...e non adatto, aggiungerei ora): Hasselblad, Leica, Contax, Alpa.

Evidentemente dovevo essere indeciso, anche perché non avevo amici o conoscenti che mi potessero consigliare ed in casa mia nessuno era interessato alla materia.

Poi accadde un imprevisto: mi ammalai di qualche influenza, forse un po’ più seriamente, e venne a visitarmi il medico di famiglia, amico d’infanzia di mio padre: irruento, rumoroso, cordialissimo e particolarmente stimato. Mi trovò a letto con il catalogo in mano e, dopo una veloce visita, si informò sul perché lo stessi consultando. Io gli spiegai che volevo scegliere una macchina fotografica "seria" ma ero indeciso, e gli mostrai qualche mia idea pasticciata, che non ricordo più ma che doveva essere piuttosto economica. Lui obiettò che dovevo invece scegliere qualcosa di valido e che potesse essere usato nel tempo, per non pentirmene subito dopo. Se ne andò lasciandomi stupito (non sapevo che si interessasse anche di fotografia) ed interdetto: sentivo che aveva ragione, ma questo azzerava tutti i miei piani…

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La celebre Nikon F con il mitico pentaprisma Photomic

Allora, il top (ma era grossa, costosa e pesante... e forse già obsoleta)

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La compatta Asahi Pentax ME

Presa in considerazione per le dimensioni ridotte ed il "buon nome"

In poco tempo, però, cambiai rotta: dimenticate le macchine con attacco a vite, oramai obsolete, mi orientai verso le marche migliori, restringendo la scelta fra Nikon, Canon, Pentax ed Olympus. Ricordo che scartai a malincuore la Nikon, quella che mi sembrava più prestigiosa, perché i costi suoi e soprattutto del corredo di obiettivi mi parevano fuori budget (ma la cosa mi è un po’ rimasta sullo stomaco: recentemente, più volte ho meditato di comprarmi, per collezione, una Nikon F con il Photomic, quella che allora era il "top"…). Invece ho totalmente dimenticato perché scartai Canon (forse mi era sembrata ingombrante e senza fascino) e Pentax (anche se la Pentax ME, in fondo molto simile all’OM-1, mi era piaciuta parecchio).

Restava proprio l’Olympus, che scelsi forse per le accattivanti campagne pubblicitarie di quel periodo, forse perché, non conoscendo nessuno che l’avesse, mi faceva sentire un po’ snob e controcorrente. Naturalmente mi limitai all’OM-1 (l’OM-2 era totalmente fuori dalla cifra che potevo spendere, e probabilmente troppo tecnologica per le mie capacità di allora; la più economica OM-10 non era ancora in vendita, ma immagino che non l’avrei considerata). Spinto dal fascino iniziale per le macro, comprai anche il set di tubi Vivitar che possiedo ed uso tuttora. E conclusi con un proiettore per diapositive: volendo distaccarmi il più possibile dall’immagine di fotografo "di famiglia" per darmi un profilo più professionale, e sapendo che le stampe a colori venivano tutte filtrate automaticamente per eliminare gli eccessi di colore, perché venivano mediamente considerati errori (e spesso lo erano davvero) mentre le diapositive, considerate fatte da "esperti" non subivano alcuna correzione, scelsi subito questa modalità di presentazione, anche se scoprii dopo che, a fronte di un risultato molto più d’effetto, era ben più complessa e farraginosa per far vedere i propri risultati.

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La vincitrice: Olympus OM-1N

Questa è proprio la mia, ancora perfettamente funzionante dopo 40 anni!

Così, ventenne, mi ritrovai al collo una macchina "semiprofessionale" a cui, per aumentare ancor più il look "pro”, aggiunsi poco dopo un oculare di gomma che avevo visto usare da un paio di foto-cacciatori esperti (l’oculare, comprato originale e rotondo per pura vanità, si rivelò invece comodissimo per me che facevo moltissimi scatti verticali, molto più dei "compatibili" che avevano la forma ad occhio, adatta solamente agli scatti orizzontali...); inoltre, per lo stesso motivo scelsi di non dotare la fotocamera della cosiddetta "borsa pronto" che mi ricordava i dilettanti, optando per una più voluminosa borsa fotografica che, inizialmente semivuota, si appesantì ben presto di obiettivi ed accessori (in questo sono stato coerente: ancora adesso non ho alcuna custodia per la sola fotocamera, a parte una piccola borsetta universale che ho comprato per non tenermi la Lumix TZ-6 in tasca).
 

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L'aggressivo "total black" della Olympus OM-2SP

Il grosso upgrade tecnologico del mio corredo negli anni '90

Iniziai in questo modo la mia esperienza pratica in campo fotografico: inesperto e pasticcione, ma sempre con la sensazione di avere in mano qualcosa di "importante", non un ripiego (la stessa che ho riavuto al recentissimo arrivo della OM-D E-M5 Mk.II, guarda caso un’altra Olympus semi-professionale!). Anni dopo, anche se in fase di stanca a causa di altri impegni ed interessi, seguii con un po’ di dispiacere la "scomparsa" della serie OM dal mercato, per poi scoprire che, anche se dopo parecchi anni, si è ripresentata in gran forma nel settore digitale!

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Olympus OM-D E-M5 ed OM-2SP

Separate dal tempo (40 anni) ma è più che evidente che facciano parte della stessa famiglia!

Anche se un po’ immalinconito dall’allora apparente tramonto di Olympus approfittai però del calo di richiesta di componenti del sistema OM per comprarmi ad un prezzo ragionevole una supertecnologica OM-2SP (prima proibitiva) con un eccellente flash TTL ed un altro paio di obiettivi che mi avevano sempre tentato: 24 e 35mm. Con l'avvento del digitale (prima timido, poi a valanga) ed i miei esperimenti con le prime digitali, tutto il mio corredo OM System è rimasto “in standby” per un bel po’, quando ho scoperto il sistema micro 4:3 e l’adattatore OM-MFT, che hanno ridato una nuova "vita digitale" agli obiettivi. Così sono ripartito...

Il fatto di aver scelto una fotocamera Lumix, in realtà, era perché sapevo già dall'esperienza di un amico che la sua compatibilità con gli obiettivi Zuiko OM (previo adattatore, ovvio) era garantita. Poter ripartire ad usare una reflex (mirrorless, sì, ma di fatto una reflex, visti sia i modi di utilizzo sofisticati sia gli obiettivi intercambiabili) con un suo parco di ottiche già disponibile era un bell’incoraggiamento, che mi evitava di affrontare il gradino del ripartire completamente da zero.
  

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IvanEditor

 

      (Ivan – 04/08/2020)


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