OM-1N

100-300

{jcomments on}

Tragedia con vista

 

Storia di una bella gita ...e di una tragedia dimenticata (e impunita)

 

 

"Pronti, via!" Si va: in pochi attimi decidiamo di partire, e dove andare
 

Salita Discesa
La mulattiera che sale alla diga del Gleno, vista come salita (a sx) e come discesa (a dx). Notare l'elevata pendenza ed il suo cattivo stato di manutenzione

     Lo scorso 6 settembre sono stato con mio figlio nell’alta Val di Scalve, in provincia di Bergamo, e l’ho accompagnato a visitare i resti della Diga del Gleno, la cui storia semidimenticata (di cui proprio quest'anno ricorre il centenario) lo ha profondamente colpito, tanto da desiderare fortemente di poter visitare di persona quei posti. Un po' per la fretta, un po' per svogliatezza, ho lasciato l'organizzazione a lui e non mi sono documentato prima di partire, e quello che ho visto è stata un'amara scoperta

     È stata una giornata splendida, ideale per una gita. Non sapevamo però quanto sarebbe stata faticosa: per metà del cammino ci si inerpica su per una mulattiera piuttosto rovinata, superando tutti i quasi 300 m di dislivello che separano la località di partenza(1) dalla meta, per poi percorrere l’ultimo tratto praticamente in piano. Al ritorno accade il contrario: la faticosa salita si trasforma in una ripida e sconnessa discesa, dove la fatica si fa sentire soprattutto nei piedi e nelle ginocchia, ma tutto sommato è andata bene

 

Il mio kit fotografico

     Immaginando che non sarebbe stata "solo una passeggiata" non ho voluto sovraccaricarmi di materiale fotografico, ma sapendo che andavamo a visitare delle rovine, nella speranza di fare qualche foto ad effetto ne ho comunque caricato (e trasportato avanti e indietro... anzi: su e giù per le Alpi Orobie...) circa 3 kg, in realtà 4 contando anche la borsa:
 

     Insomma, ho stivato nella borsa fotografica ben 3 fotocamere (in totale... addirittura 4, considerando che avevo in tasca, come sempre, l’iPhone 12 Pro Max con la sua suite di 3 obiettivi), ma ne è valsa la pena! 

 

StradaNellaRoccia-1 StradaNellaRoccia-2
Lo spettacolare tracciato verso la diga, nei punti in cui supera il ripidissimo pendio roccioso passando in tracce appositamente scavate nella pietra viva

Spunta la diga

     Dopo una quarantina di minuti di cammino, improvvisamente il panorama si apre su una valle alpina fino a quel momento non ancora visibile (è quella del torrente Gleno), già con l’aspetto dell’alta montagna: siamo intorno ai 1.500 m di altitudine e non ci sono praticamente più alberi, solo l’erba corta dei pascoli d’alta quota

     La valle è in forte contrasto con il resto dei pendii più in basso, che sono completamente ricoperti da conifere e, ancora più in giù, da boschi di latifoglie intervallate da prati verdissimi. Il primo villaggio, proprio in fondo, è Bueggio, altra frazione di Vilminore di Scalvi

 

DigaEValle Vista esterna
Qui appare la valle alpina del torrente Gleno. In fondo si vede già la grande costruzione della diga, con le sue arcate frontali Un vista più ravvicinata, però, mostra che il lato sinistro è irregolare, evidenziando che ci sia qualcosa... che non va

     Girata una delle tante curve del cammino, in certi tratti scavato nella roccia(3), vediamo finalmente la nostra meta: la diga, o meglio, quel che ne resta da quel fatidico giorno del 1923 in cui cedette improvvisamente, liberando all’istante un’enorme massa d’acqua e fango che precipitarono nella valle sottostante, seminando distruzione ovunque e facendo almeno 350 morti.

     A parte la forma inconsueta della parete esterna, tutta ad archi e contrafforti, si nota subito che la costruzione non sbarra completamente la valle: infatti ne manca una grossa porzione (verso il centro dell’invaso), ed in quel punto la parete è irregolare: ciò può solo significare che la parte mancante (decine di metri!) è sparita traumaticamente, quindi è crollata! Adesso questo posto inizia a non apparirmi più così bucolico, ma sinistro...
 

 

...e spuntano anche i suoi terribili segreti

MonconeDX
Laghetto del Gleno
Proprio sopra di noi vediamo l'incombente moncone di destra della diga, da questa parte praticamente scomparsa La piccola diga di contenimento che forma l'attuale laghetto del Gleno, estremamente più ridotto di quello che avrebbe dovuto estendersi qui se tutto avesse funzionato

      Avvicinandoci ancora di più, all’improvviso spunta sopra di noi la parte opposta della diga, o meglio quel poco che ne rimane ora: una decina di metri di lunghezza o poco più, praticamente solo l’ancoraggio al versante roccioso di destra della valle (rispetto a noi): il moncone è molto più alto che lungo! E al di là di una minuscola diga eretta in seguito, un giocattolo guardando quella crollata, si stende il piccolo e tranquillo laghetto alpino del Gleno: praticamente una pozzanghera, rispetto a quanto avrebbe dovuto essere grande il lago artificiale progettato, se la diga avesse tenuto

     Attraversiamo il letto roccioso del torrente Gleno passando sul bordo della diga attuale, arrivando proprio sotto la parte crollata: guardando a valle si può godere di uno splendido panorama verso le pareti nord del massiccio roccioso della Presolana, composto da varie cime tutte intorno ai 2.500 m di altitudine, ma i miei pensieri vanno inevitabilmente a cosa deve essere invece successo 100 anni fa, proprio lì dove ci troviamo noi

 


Presolane da Gleno
SezioneVicina
La valle del Gleno dall'altipiano sul quale si trova la diga omonima: l'ondata di piena si scatenò giù da qui. Sullo sfondo la magnifica vista del gruppo della Presolana con le sue cime oltre i 2.500 m di altitudine.
Ecco la "Tragedia con vista" del titolo...
Da qui si vede bene la sezione della diga: mi sbaglierò, ma continuo a pensare che sia stata costruita a rovescio, rispetto alla spinta da contenere!

     Trovandomi proprio nel punto del crollo, sono sovrastato dalla sezione della diga, triangolare come mi pare di averne già visto in passato, ma... rovesciata: mi sarei aspettato che lo spessore maggiore fosse sul lato esterno, per contenere la spinta data dall’acqua del bacino. Invece è dalla parte interna, ma per contenere cosa... l’aria di montagna? Inizio a pensare che qui sia stato commesso qualche clamoroso errore (progettuale o di costruzione)

     Sento mio figlio fare paragoni il Vajont, l'altro terribile disastro del 1963, ma mi sembrano inopportuni: là la diga l’avevano costruita bene (infatti è ancora in piedi), ma avevano scelto di erigerla in un luogo follemente rischioso(4). Qui, invece, mi pare proprio che ci sia dietro un enorme errore tecnico

     Raggiungiamo così il retro della diga, prima non visibile: la vista dei suoi resti è impressionante, sia per le dimensioni del manufatto(5) sia perché si vede benissimo il punto in cui si è spezzata (mancheranno almeno un'ottantina di metri) e si può immaginare la violenza del crollo

     Dopo la tragedia devono aver rabberciato le pareti nel punto del cedimento strutturale, quantomeno per evitare che si staccassero altri pericolosi detriti, ma la forma irregolare di questa parte denuncia chiaramente che il semi-arco della diga si è davvero spezzato di colpo.
 

Contrafforti interni
Questi sono i giganteschi semicilindri di calcestruzzo per la compensazione della spinta (il primo a sinistra si è spezzato). La foto è scattata dal lato interno della diga, dove avrebbe dovuto esserci l'acqua, invece la costruzione sembra aspettarsi una spinta …da fuori!

     È qui sul retro che noto degli enormi contrafforti di calcestruzzo a forma di semicilindro, mai visti prima in alcun libro o documentario sulle dighe, di cui non riesco proprio a capire la funzione: non sono assolutamente competente di Scienza delle Costruzioni (perdipiù applicata alle dighe, un settore davvero specialistico...), ma sembrano essere stati costruiti per compensare una spinta che arriva dalla parte opposta, dove invece non c'è nulla. Invece l'acqua spingeva da dove mi trovo ora io verso la parete della diga, ed i contrafforti sembrano montati al contrario! Mah... 

     Infine risaliamo di poco il pendio costeggiando il laghetto, per allontanarci un po' ed avere così una vista d’insieme dell'intero sito. Ed ecco apparire chiaramente l'immenso squarcio rimasto a testimonianza degli errori di progetto(6), forse la mia stima di un'ottantina di metri è addirittura riduttiva! Dal lato sinistro (guardando dall'interno della diga) è crollato quasi tutto. Rimaniamo per un certo tempo in silenzio, colpiti dal dramma che capiamo essersi consumato cent'anni fa, partendo proprio da qui.

 

Alla fine spunta anche la scandalosa verità sul disastro

     Dopo un faticoso ritorno giù per la sconnessa mulattiera, torniamo a casa, stanchi ma soddisfatti per essere riusciti a salire fin lassù e vedere da vicino la diga. Io però sono oramai estremamente curioso di sapere cosa sia successo, e soprattutto perché, così mi sono informato su Wikipedia a proposito del disastro, scoprendo di essere stato piuttosto ingenuo: altro che mancanza di esperienza, la verità è di gran lunga molto peggiore e fu dovuta... alla bramosìa di profitto di chi prendeva le decisioni! 

Squarcio
Eccolo, l'enorme varco formatosi fra i due monconi della diga rimasti in piedi: forse è ancora più della mia stima iniziale di circa 80 m (per farsi un'idea delle dimensioni, quella cosa a sinistra, a livello del lago, è una costruzione a due piani...)  

 

     Ecco cosa accadde in realtà: negli anni '20 le dighe le sapevano già costruire eccome (dopo il crollo arrivarono come periti giudiziari degli esperti in materia, professori di ingegneria, che capirono quasi subito cosa fosse successo), solo che in quel periodo c'erano già… fior di farabutti (e impuniti, pure), che in pratica ne fecero di tutti i colori: 

  • fra gli operai girava la voce che la direzione lavori facesse usare calce al posto del calcestruzzo (accusa provata dalle analisi condotte su campioni del "calcestruzzo" prelevati dopo il crollo, ma… lasciata cadere), e chi abitava nei paesi a valle cercava di andare a dormire altrove
     
  • in corso d'opera il progetto fu totalmente stravolto (probabilmente per risparmiare), adottando un sistema mai impiegato né provato in precedenza, ed il cambio di architettura fu improvvisato sul posto, in modo totalmente inaffidabile, instabile ed errato
     
  • presumibilmente per la fretta, nella parte centrale (proprio quella che cedette) la diga non fu ancorata in profondità alla roccia sottostante, ma… sul terreno cedevole presente in superficie!
     
  • già all'inizio del primo riempimento ci furono perdite d'acqua proprio dalla parte centrale, totalmente ignorate dai responsabili a cui erano state riferite

  • dopo che a valle continuavano ad accavallarsi voci sempre più allarmate a proposito di cosa avveniva al cantiere della diga, finalmente le autorità si mossero ed arrivò ai costruttori l'ordine "perentorio" (ma anche questo ignorato) di sospendere immediatamente i lavori fino a che non fossero state giustificate ed approvate tutte le variazioni apportate al progetto iniziale 

     Così avvenne l’inevitabile: dopo un periodo di forti piogge autunnali il bacino artificiale iniziò comunque a riempirsi. Alle 07:15 del 1° dicembre 1923, quando mancavano ancora ben 10 m di altezza rispetto al livello previsto per il lago(7), di colpo la diga cedette al centro dei 260 m del suo arco di contenimento (proprio dove poi si scoprì che mancavano delle fondamenta solide) rovesciando a valle sei milioni di metri cubi di acqua e fango, che precipitando improvvisamente da 1.500 m d'altezza seminarono morte e distruzione (l’onda di piena devastò la valle di Scalvi, arrivando fino a danneggiare Darfo, in val Camonica, a quasi 20 km di distanza, ed ufficialmente i morti furono non meno di 356, ma la vera cifra non fu mai accertata)
 

     In pratica, dall'indagine che seguì il disastro, nonostante tentativi di depistaggio(8), saltò fuori la verità: i lavori erano in realtà condotti in prima persona… dal proprietario della concessione, un totale incompetente dal punto di vista tecnico, che prendeva ogni decisione badando solo al risparmio, rimanendo però formalmente nascosto dietro un compiacente responsabile ufficiale di sua nomina. Le vere cause del disastro non furono quindi di natura geologica o sismica, ma l'imperizia e la negligenza che dominarono tutta la conduzione dei lavori!
 

     Dopo il disastro, come da tipico copione italiano valido per tutte le tragedie collettive, seguirono inchiesta e processo: gli accusati vennero riconosciuti colpevoli e condannati a 3 anni e 4 mesi più una multa, pena poi in realtà ridotta a 2 anni, mentre la multa fu revocata. C’era già il regime fascista, a cui la pubblicità degli insuccessi dava sicuramente fastidio, soprattutto se c’era di mezzo qualche “amico” da proteggere...

 

La triste morale che se ne trae:   Same old story... ("sempre la stessa storia")

     Questa è la mia amara conclusione: sarà anche avvenuta nel 1923, cento anni fa, ma questa mi pare proprio una delle tante storie di malaffare italiano, dal fango del Vajont (1963, 1.910 morti) a quello di Sarno (1980, 137 morti), dalla diossina dell'Icmesa (1976, centinaia di intossicati, migliaia di sfollati ed enormi danni ambientali) al naufragio della Costa Concordia (2012, 32 morti) fino al recente crollo del ponte Morandi, a Genova (2018, 43 morti) che hanno contraddistinto tutto questo periodo(9), rendendola purtroppo molto più vicina a noi di quanto potrebbe sembrare guardando le sole date

 

Le fotografie in luce I/R

     Terminato quello che, senza che inizialmente lo avessi pianificato, è diventato il mio primo esperimento di reportage fotografico, è ora il turno delle fotografie all'infrarosso: sapendo che c'era di mezzo un crollo mi sono voluto portare anche la fotocamera che ho dedicato a questo tipo di immagini (di per sè particolarmente adatte ad attirare fortemente l'attenzione) con la speranza di realizzarne qualcuna che potesse efficacemente esprimere la drammaticità di questo sito.

  

A)   Il monumento alle vittime
 
DamDrama

immagine all'infrarosso convertita in B/N 

Dati tecnici:

  • Fotocamera:             Panasonic Lumix DMC-GH1 convertita all'infrarosso (720nm)
  • Obiettivo:                 Olympus M.Zuiko Digital ED 75mm f/1.8
  • Lunghezza focale:    75mm (equivalenti a 150mm in formato 35mm)
  • Sensibilità:               ISO 100
  • Esposizione:             AE (automatica a priorità di diaframmi)
  • Misurazione:            Spot
  • Apertura:                  f/3.6
  • Tempo:                    1/200"
  • Post-produzione:    Adobe Photoshop CC2017

    

B)   Due svolgimenti dello stesso tema:

Il colossale muraglione, rimasto troncato a monito
di cosa possa capitare se si bada solo al profitto

 

Contrafforti IR   Contrafforti B N(IR)

a SX - immagine all'infrarosso in falsi colori
 
a DX - immagine all'infrarosso convertita in B/N 


Dati tecnici:

  • Fotocamera:             Panasonic Lumix DMC-GH1 convertita all'infrarosso (720nm)
  • Obiettivo:                 Olympus M.Zuiko Digital ED 12-40mm f/2.8 PRO
  • Lunghezza focale:    14mm (equivalenti a 28mm in formato 35mm)
  • Sensibilità:               ISO 100
  • Esposizione:             AE (automatica a priorità di diaframmi)
  • Misurazione:            Spot
  • Apertura:                  f/3.6
  • Tempo:                    1/320"
  • Post-produzione:    Adobe Photoshop CC2017

 

C)   Il lago maledetto
 
LagoMaledetto

immagine all'infrarosso elaborata in falsi colori 

Dati tecnici:

  • Fotocamera:             Panasonic Lumix DMC-GH1 convertita all'infrarosso (720nm)
  • Obiettivo:                 Olympus M.Zuiko Digital ED 12-40mm f/2.8 PRO
  • Lunghezza focale:    12mm (equivalenti a 28mm in formato 35mm)
  • Sensibilità:               ISO 100
  • Esposizione:             AE (automatica a priorità di diaframmi)
  • Misurazione:            Spot
  • Apertura:                  f/3.6
  • Tempo:                    1/1.600"
  • Post-produzione:    Adobe Photoshop CC2017

  

 

Note

(1) la piazza della chiesa di San Lorenzo a Pianezza, frazione a 1.265 m di altezza del comune di Vilminore di Scalvi (BG), dove si lascia l'auto. Da lì ci sono quasi 3 Km per arrivare fino alla diga

(2) questo è l’obiettivo che si è rivelato meno azzeccato per questa occasione, ma fortunatamente queste due fotocamere condividono lo stesso formato fotografico (il micro4:3), per cui hanno lo stesso attacco (e quindi è possibile scambiarne le ottiche)

(3) vedendo il sentiero, largo non più di 1,5 m e ricavato in alcuni tratti nella roccia viva, ho tratto le mie prime deduzioni:  

      • scavare nella roccia... costa, e molto: questo decisamente non era un sentiero a scopi turistici 
      • vista la ripidità del pendio, questa era l’unica via per arrivare al cantiere della diga (il che spiega perché si fosse deciso di scavare la roccia, dove necessario) 
      • inoltre, data la ridottissima larghezza, nessun mezzo meccanico la poteva percorrere (figuriamoci in quegli anni (la costruzione iniziò nel 1916), se non qualche carro trainato da muli 

Quindi la diga, ancora adesso piuttosto grande, ma decisamente enorme 100 anni fa, fu costruita... a mano!

(4) nonostante fosse ben noto da quelle parti per la sua franosità, i lavori di costruzione della diga non furono volutamente interrotti per non perdere gli investimenti già fatti fino a quel momento 

(5) avrei detto che la diga fosse alta non meno di 20 m, ma guardando in rete mi sono sbagliato di grosso! Infatti era ben più grande: alta 52 e lunga 260 metri

(6) mi domando anche quanto se ne sapesse, di questa materia, nel lontano 1923: meno modelli teorici, niente computer, niente simulazioni... ma mi sbagliavo di grosso!

(7) mi chiedo cosa sarebbe successo se la diga avesse invece ceduto con il bacino pieno come previsto...

(8) da parte della difesa degli imputati furono prospettate cause naturali: si invocarono problemi sismici e geologici per il terreno al centro dell'alveo, che però il perito giudiziario dimostrò che erano senza alcun fondamento

(9) e questi sono solo i primi che mi vengono in mente: l'elenco completo sarebbe drammaticamente più lungo

 


Me instagram

 

                               (Ivan – 10/09/2023)
.   

 

 

Commenti offerti da CComment

Stella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattiva