Il Sistema OM di Olympus(*)

 

Premessa

Tutte le macchine fotografiche, ciascuna a suo modo, sono apparecchi affascinanti, ed ognuna di esse è uno strumento valido per realizzare delle belle foto; molte sono anche piuttosto simili. Tutte le SLR (single lens reflex, per distinguerle dalle biottiche TLR, twin lens reflex, ossia Rolleiflex e derivate) degli anni '70 si assomigliano molto: per un lungo periodo le case costruttrici si sono copiate a vicenda le soluzioni costruttive ancor più di quanto non lo facciano ora, e in fondo a quel tempo condividevano tutte lo stesso sensore: la pellicola. Da un certo punto di vista, estremizzando molto, erano tutte variazioni sul tema della medesima fotocamera.


Le Olympus serie OM

Ogni fotocamera Olympus della serie OM (tutte esteticamente simili alla prima SLR, la OM-1) è un ottimo esempio di tutto questo: ha un peso, una solidità, una fluidità e delle proporzioni molto caratteristiche; è difficile descrivere a parole le sensazioni che si provano utilizzandola, ma è uno di quegli strumenti capaci di generare una piacevole nostalgia in chi l'ha adoperata per un periodo e poi venduta o riposta in un cassetto.


L’ingegner Yoshihisa Maitani

 Maitani
Yoshihisa Maitani 

Tutte queste sensazioni non sono frutto del caso, ma del genio di un singolo uomo: l’ingegner Yoshihisa Maitani, che lavorò all'Olympus per 40 anni e ne fu capo designer dal 1954 al 1966. Questi aveva una grande passione per le fotocamere: la leggenda vuole che costruì la sua prima macchina fotografica da bambino usando una piccola scatola di cartone; in realtà, prima ancora di essere uscito dall'università progettò e brevettò la sua prima fotocamera.

A Maitani si presentò inizialmente l'opportunità di lavorare come designer in una fabbrica di automobili, ma lui rifiutò l'offerta di lavoro (una cosa inconcepibile in Giappone a quell'epoca) per dedicarsi alla progettazione di fotocamere, la sua vera passione. Spesso accade che una mente talentuosa nasca nel posto giusto al momento giusto: il Giappone del dopoguerra doveva essere il posto ideale per nascere progettista di fotocamere. La fotografia era vista da moltissime aziende come un settore per mezzo del quale era possibile contribuire alla rinascita economica e sociale del paese. Una fotocamera giapponese era un bel souvenir da portare oltreoceano per i militari americani, ed un bel regalo per parenti ed amici.


Le reflex mono-obiettivo

 Maitani
Pen F ad obiettivi intercambiabili 

Canon e Nikon, dopo aver prodotto inizialmente copie di fotocamere tedesche (Contax e Leica), reinventarono le reflex applicando sopra ai loro modelli a telemetro un pentaprisma ed uno specchio a ritorno automatico. Nikon presentò nel 1959 la Nikon F e Canon la meno fortunata Canonflex. Per un decennio si avvicendarono sul mercato reflex un poco più grandi e pesanti delle controparti a telemetro da cui erano derivate, ma estremamente versatili. Invece Maitani aveva anche il pallino per la miniaturizzazione. Per lui una fotocamera doveva essere qualcosa da indossare, da portare sempre con sé e tirar fuori al momento del bisogno, come una penna; infatti, il suo primo successo fu la serie di fotocamere a mezzo-formato chiamata "Pen", di cui realizzò anche il modello semiprofessionale "Pen F" ad obiettivi intercambiabili. Fu una serie di grande successo, imitata anche da altri produttori (fra cui Canon, con la Demì). Da un normale rullino da 36 pose era possibile ricavare 72 fotogrammi, ma ovviamente questa era una soluzione di compromesso che andava a discapito della qualità dell'immagine.


Nasce il Sistema OM

L'intera produzione della Olympus, quando Maitani cominciò a lavorare alla OM, era incentrata sulla linea Pen a mezzo formato. La Nikon F aveva rivoluzionato il mercato tredici anni prima, rendendo la reflex uno standard per tutti quei professionisti che prima di allora erano abituati ad utilizzare una Leica ed il formato 35mm, ma le nuove reflex, come abbiamo detto, erano indubbiamente più grandi e pesanti delle fotocamere a telemetro. Maitani aveva il difficile compito di creare per l'Olympus una reflex full frame 35mm con tredici anni di ritardo sulla concorrenza, in un mercato ormai saturo ed affollato. Era solito dire però che era inutile produrre qualcosa che era già stato realizzato da qualcun'altro. Decise perciò di realizzare quel che fino ad allora era ritenuto impossibile: una reflex con gli stessi medesimi pesi ed ingombri di una Leica M, allora (e tuttora) considerata lo stato dell'arte delle fotocamere a telemetro.

Per riuscirci utilizzò una serie di espedienti costruttivi, come il pentaprisma che letteralmente affonda nella sagoma del corpo macchina, ma soprattutto tolleranze inferiori. Le OM (Olympus Maitani) erano progettate e costruite come strumenti di precisione, con tolleranze inferiori a quelle delle fotocamere della concorrenza. All'epoca si pensava che una reflex professionale richiedesse tolleranze maggiori e componentistica sovradimensionata, ma le macchine della concorrenza erano garantite per 50mila scatti, mentre le OM lo erano per 100mila. 

 Adv Olympus 1970
La sezione della OM-1

Anche il nome OM è un omaggio alla serie M della Leica. Le prime OM-1 si chiamavano semplicemente M1, ma Olympus dovette aggiungere una O davanti alla M perché la Leica non gradì la cosa.

L'idea di fondo era quella di progettare la disposizione di tutti i comandi della fotocamera in modo che il fotografo potesse avere sott'occhio, in un colpo solo, tutto quanto gli serviva: furono perciò raggruppati tutti sulla parte superiore, per vederli semplicemente abbssando lo sguardo. Il quadro era completato dalla ghiera dei tempi, posta coassialmente all'obiettivo, e da quella dei diaframmi, oltre i riferimenti di messa a fuoco e profondità di campo, posti sul barilotto dell'obiettivo: anche questi valori erano visibili guardando la fotocamera dall'alto. 

Per ottenere uno scatto silenzioso quanto quello delle Leica M, oltre a degli ammortizzatori ad aria per lo specchio, fu utilizzato un otturatore in tela gommata a scorrimento orizzontale, contrariamente alle concorrenti che avevano per lo più otturatori Copal square a scorrimento verticale, o al limite con tendine in titanio o alluminio. Gli otturatori della concorrenza consentivano tempi di sincronizzazione più rapidi, di 1/125sec contro 1/60sec della OM, ma quest'ultima era più silenziosa. Ma la OM non era pensata per chi faceva grande uso del flash; la OM era pensata per convogliare verso il mondo reflex quella fascia di utenti ancora fedeli alle Leica a telemetro, gente che indossava la fotocamera perennemente a tracolla e preferibilmente in viaggio, per i giornalisti alla Tiziano Terzani, o per chi voleva viaggiare con attrezzature leggere.

 Adv Olympus 1970
 Pubblicità dei primi anni '70

Non solo il corpo macchina di una OM pesava 700 grammi in meno di quello di una Nikon (quasi la metà), ma anche le ottiche erano più piccole e pesavano la metà di quelle della concorrenza, ed non si trattava di ottiche qualsiasi, ma di un'intera linea delle leggendarie ottiche Zuiko, appositamente progettata per il sistema OM.

All'epoca i fotoreporter viaggiavano con borse fotografiche contenenti circa sei chili di attrezzatura, contenenti almeno tre ottiche e due corpi macchina. Poter dimezzare quel peso (le OM pesavano il 35% in meno delle concorrenti più leggere) significava un vantaggio enorme.

Maitani raccontò di quando Don McCullin, celebre reporter di guerra, lo raggiunse in un hotel in Costa Azzurra durante un congresso solamente per ringraziarlo di aver progettato delle fotocamere così leggere, senza le quali il suo lavoro sarebbe stato molto più difficile. Fra i fedelissimi della OM-1 vi era Jane Bown, giornalista dell'Observer (ne aveva 4 che ha utilizzato per 40 anni consecutivi), mentre fra i grandissimi estimatori della OM-2 vi era il fotografo di corte Lord Patrick Lichfield.


Le fotocamere della serie OM

Esteticamente la Olympus OM-1 e la OM-2 sono quasi gemelle, ma la differenza vera si trova sotto lo chassis:

  • La OM-1, presentata nel 1972, è completamente meccanica e funziona essenzialmente come un orologio meccanico. La batteria serve esclusivamente ad alimentare l'esposimetro; il comando manuale per il sollevamento dello specchio ed i tempi lunghi la rendono particolarmente ricercata da chi si occupa di astrofotografia.
  • La OM-2, arrivata sul mercato tre anni dopo, utilizza un otturatore elettronico, una rivoluzione ed una scommessa per l'epoca, perché i professionisti diffidavano di ciò che smetteva di funzionare una volta terminate le batterie, un timore che oggi, in piena era digitale, sembra inconcepibile (bastava in ogni caso portare delle batterie di riserva nella borsa…). Oltre all'otturatore elettronico, con la OM-2 Maitani introdusse una rivoluzione, qualcosa che oggi (più di 40 anni dopo…) si trova in tutte le fotocamere: la lettura esposimetrica veniva effettuata anche durante lo scatto, a specchio alzato, misurando la luce riflessa dalla pellicola stessa. Fino a quel momento, l'esposimetro misurava la luce prima dello scatto, non durante, dopodiché, deciso il tempo di scatto, questo rimaneva tale durante tutta la fase di ripresa. Nella OM-2 invece, se le condizioni di luce cambiano durante lo scatto, durante una lunga esposizione, cambia anche il tempo di apertura dell'otturatore. Una caratteristica questa che è particolarmente utile per l'utilizzo con i lampeggiatori da studio.

 Adv Olympus 1970
 Maitani in una pubblicità del 1970

Il Sistema OM, incrementatosi negli anni, prevedeva una nutrita schiera di obiettivi, tipicamente disponibili in due versioni: la professionale MC (Multi Coated) ed una a minor costo e solitamente meno luminosa, che coprivano praticamente ogni focale ed ogni esigenza, più flash di varie potenze, anche TTL, winder e motori, impugnature, dorsi-datario ed a grande capacità, soffietti, obiettivi speciali (macro, decentrabili, per microscopio…).

Adottando il Sistema OM, un fotografo professionista poteva essere sicuro di poter contare su tutti gli elementi che gli servivano, qualunque fossero le sue esigenze.


 Adv Olympus 1970       Adv Olympus 1970
 Lo schieramento degli obiettivi Zuiko OM    Lo sterminato numero di componenti del Sistema OM

 

Dopo le "magica coppia" originale, OM-1 e OM-2, nel tempo si aggiunsero al sistema OM una serie di  fotocamere più economiche (le OM-10, -20, -30 e -40) ed altre professionali: la OM-3 totalmente meccanica ad esposizione automatica, e la OM-4 (elettromeccanica), queste ultime disponibili anche con il corpo in leggerissimo titanio; l’evoluzione terminò con la OM-707 (autofocus) e la OM-2000 (prodotta dalla Cosina e spesso non considerata come una "vera Olympus").


L’influenza delle rivoluzionarie idee di Maitani

Quanto segue è lo stralcio di un'intervista a Maitani:

"Ho sempre realizzato fotocamere strane. Questo deve aver reso la vita difficile ai commercianti. Quando stai vendendo qualcosa che precedentemente non esisteva, hai bisogno di farle promozione da zero. Il tuo messaggio raggiungerà qualcuno e non arriverà a molti altri. Qualche persona dirà semplicemente "è piccola, e con questo?".

Sono certo che il personale del settore design era stufo della mia irragionevole richiesta di ridurre le dimensioni ed il peso della metà. Ma le mie ripetute richieste alla lunga hanno condotto alla creazione di qualcosa che i fotografi vogliono, qualcosa che volevano. Se qualcosa non è disponibile sul mercato, hai bisogno di creartela da solo. Se la tua strada è ostruita da barriere tecnologiche e dalle barriere di ciò che è dato che è ritenuto un punto fermo, devi trovare delle strade per creare una breccia attraverso queste barriere. Io credo che i nostri sforzi abbiano condotto Olympus a quello che è lo stato attuale della nostra storia".

Probabilmente le idee di Maitani hanno condotto non solo l’Olympus, ma l’intera industria fotografica al punto in cui siamo oggi. Nel 2009 Olympus ha lanciato la Pen E-P1, una delle prime mirrorless digitali, basata sul sistema micro 4/3 (oggi esiste tutta una linea di fotocamere digitali professionali e prosumer, la OM-D, basata su questo standard, che insidia i sistemi professionali ogni volta che vengono richiesti un ingombro ed un peso ridotti). Da allora il mercato non ha smesso di orientarsi verso il mondo mirrorless e smartphone, le vere fotocamere del presente.

 

(*) Testo rielaborato da: "Le favolose Olympus OM1 ed OM2" di Rodolfo Felici (fotografiamo.net - 01/02/2019)

 

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IvanEditor

 

      (Ivan – 13/08/2020)


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