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La mia 6x6:

Franke & Heidecke

Rolleiflex 2.8F

(1961 circa) 

 

L'idea quadrata che ha cambiato la storia della fotografia 

        Senza dubbio, l'introduzione nel 1929 della prima Rolleiflex biottica fu sensazionale: un principio tanto ingegnoso quanto semplice che ha reso rapidamente la Rolleiflex “LA" fotocamera professionale in tutto il mondo:
 

"produrre negativi quadrati da 6x6 cm di alta qualità
   in una fotocamera compatta molto facile da usare,
              con il miglior obiettivo disponibile"

          Non c'era un solo fotografo che non ne fosse pronto a padroneggiarne una, un solo appassionato che non desiderasse di possederne una. Per il professionista, la Rolleiflex era come un dono dal cielo, che permetteva un cambiamento radicale nel suo lavoro creativo. Essere in grado di lavorare velocemente con negativi di grandi dimensioni, leggerezza e qualità superiore ha reso la scelta tanto semplice quanto importante.

       Non c'era giornale, rivista o libro fotografico che non avesse foto delle Rolleiflex nelle sue pubblicazioni. Per decenni, le fotocamere Rolleiflex avrebbero avuto un effetto decisivo sulla storia della fotografia. Molte immagini di fama mondiale provengono da quel piccolo pezzo di raffinata arte meccanica realizzato dalla fabbrica di Franke e Heidecke a Braunschweig, in Germania. Fu l'inizio di un'evoluzione tecnica che sarebbe stata imitata da molti altri produttori in tutto il mondo con copie a volte riuscite ma spesso scadenti del marchio di riferimento, Rolleiflex.

          Franke e Heidecke sono la prova di essere stati i padroni nel loro campo: con il recentissimo passaggio al digitale, la tradizionale biottica Rolleiflex è rimasta ancora in produzione e addirittura in sviluppo. Pochissime aziende al mondo possono vantare un record così lungo con un design di base che è stato migliorato su base regolare, ma che ricorda ancora così da vicino l'invenzione originale.

 (traduzione dal sito Rolleiclub)

 


 

1970Thumb
Leica IIIb - 1940
1970Thumb

Contax IIIa - 1956

Le due idee iniziali per un mio acquisto fotografico d'epoca

Premessa

Bene, adesso devo (anzi, voglio) parlare della mia Rollei: come ho già detto brevemente qui, ho sempre sentito il fascino delle fotocamere degli scorsi decenni, sobriamente nere e cromate, che da un lato mi facevano pensare alla bravura dei fotografi di quei tempi, dall’altro ammiravo per la precisione meccanica ed ottica. Apparecchi robusti ed affidabili, fatti per durare decenni, non per essere dimenticati ad ogni stagione, con l’arrivo del nuovo modello, pronto anche lui a durare solo pochi mesi.

Avevo deciso di acquistarne una, prima o poi (anche perché era tramontata la mia precedente passione per le vecchie macchine da scrivere: ero stato sul punto di prenderne una, ma poi mi era parsa troppo ingombrante e pericolosamente “a tiro” dei miei figli, allora piccoli. Una macchina fotografica, invece, più piccola e discreta, sarebbe stata facilmente collocabile in un posto sicuro). Il problema era… sceglierla: mi tentavano sia le Leica che le concorrenti Contax. Entrambi mi parevano attraenti, ma in realtà non avevo particolari motivi personali per desiderare l’una o l’altra.

 

 

Il mio personale legame con la Rollei

Poi mi venne in mente che, invece, una macchina fotografica con cui avevo un legame personale c’era eccome: la Rolleiflex, anche se non ne avevo mai usato o posseduto una, né io né alcun altro nella mia famiglia.

RolleiflexSplashThumb

Dopo quasi sessant'anni di vita da aristocratica, la mia Rollei non solo funziona ancora perfettamente, ma mantiene tuttora un fascino ed un'eleganza che difficilmente le fotocamere dell'era digitale riusciranno mai a raggiungere...

Perché, allora? Perché era citata (caso quasi unico) nel testo di una canzone del 1959, Desafinado (“Stonato”) di J. Gilberto, uno dei più famosi brani di bossa nova, che piaceva moltissimo prima a mio padre, e poi anche a me (avevo anche malamente tentato di suonarla), per la rarefatta malinconia (l'intraducibile concetto di "saudade") mista ad un ritmo jazzistico, sincopato ma intimo, ben diverso dal rumoroso e  trascinante samba delle masse brasiliane, e per la dolcezza del portoghese dei testi (allora misteriosi, per me: non c'era Google Translator!). E proprio la Rollei veniva citata in uno dei versi: "Fotografei você na minha Roleiflex..." (“Ti ho fotografato con la mia Rolleiflex…”).

Avevo deciso: invece che una fotocamera a telemetro, volevo una biottica 6x6, anzi, “la” biottica per eccellenza!

Oramai sono passati molti anni da quando l’ho comprata, alla fine del ’94, e non ricordo più come fossi arrivato a quel piccolo negozio di fotografia in piazza Maciachini a Milano, dove dopo qualche verifica sommaria ma azzeccata sul suo funzionamento, l’ho presa (non molto tempo dopo la portai a far verificare in un laboratorio specializzato, allora ce n'erano ancora, dove mi dissero sinteticamente: "L'hanno usata molto, ma funziona ancora perfettamente").

Io, oltre a scattare qualche rullino di prova, in cui ho potuto sperimentare quanto fosse difficile da usare rispetto alle moderne reflex a cui ero abituato (ma anche più gratificante: ogni immagine poteva e doveva essere composta e studiata sul grande vetro smerigliato, non scattata con fretta!) ho acquistato in seguito anche un libro dedicato alla storia e le caratteristiche tecniche della fotocamera, che accompagna come testimonianza della sua importanza nella storia della fotografia.

Per me, comunque, ogni volta che la prendo in mano è come se sentissi fisicamente il fascino di questo capolavoro d’epoca (la Rolleiflex è sempre stata una macchina fotografica eccezionale, di lusso e molto costosa: infatti abbondavano sue imitazioni più economiche, alcune prodotte anche dalla stessa Rollei), oltre che qualcosa che in qualche modo mi ricorda mio padre. 

 

Impressioni d’uso

Come per le auto storiche, anche la Rollei è una “macchina (fotografica) d’epoca”, decisamente inusuale per chi è abituato alle reflex elettroniche, magari solo digitali. Figuriamoci per chi fotografa con una compatta superautomatica, o ancora di più con uno smartphone!

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James Dean con una Rollei

Intanto è assolutamente tutto “manuale”: caricamento della pellicola, attivazione dell’otturatore, messa a fuoco, esposizione. E poi pesa, decisamente: 1.250 g, contro i 6/700 g (a seconda dell’obiettivo) della mia Lumix GH1, che pur essendo una mirrorless è di fatto una reflex, o i circa 150 g di uno smartphone. Certo, è una 6x6, ma l’impressione è totalmente diversa. Infine, si porta appesa al collo, in modo appariscente ed ingombrante (viste anche le dimensioni): decisamente, si sente. E il bello è che nella stessa (inusuale) posizione si adopera: guardando in basso, nel vetro smerigliato, grande e luminoso (non a caso: era una macchina di lusso).

Ma la vera differenza d’uso, quella che fa portare rispetto ai fotografi di allora che usavano la biottica con disinvoltura, si capisce solo al momento di inquadrare un soggetto in movimento: non essendoci il pentaprisma, che raddrizza alto/basso e sinistra/destra, la macchina va spostata nella direzione contraria a quella naturale! Ci vuole decisamente un po’ di allenamento per riuscire a farlo (e pensare che la usavano anche i reporter!).

Quello che ho apprezzato, nei pochi rullini che ho usato per provarla, è che non dico costringa, ma sicuramente spinga a… pensare la foto che si vuole scattare: sarà il grande schermo di messa a fuoco, sarà la presenza del retino che evidenzia linee cadenti e prospettiva, ma si è davvero portati a “progettare” proporzioni e taglio dell’inquadratura prima di scattare la foto, cosa che le fotocamere più piccole ed automatizzate non richiedono, permettendo di generare autentiche banalità, o peggio. E per farlo, l'ideale è usarla su un treppiede, prendendosi tutto il tempo necessario per pianificare cosa si voglia ottenere.
 

Porto Calvario (RolleiThumb   2002)

Porto Maurizio dalla collina del Calvario
(uno scatto del 2002 fatto con la Rolleiflex)

Fra le altre particolarità, indicherei nei pro la sorprendente silenziosità dello scatto, un "tic" appena percettibile (essendovi un otturatore circolare con lamelle piccole e leggere che ha quindi poca inerzia, ma soprattutto mancando del tutto la maggior fonte di rumore: lo specchio ribaltabile tipico delle reflex monobiettivo – è proprio questo uno dei pochi vantaggi delle biottiche…), e nei contro la ridottissima capacità della pellicola (tipicamente solo 12 scatti!) e la complessità del meccanismo di caricamento del rullino, un problema inaspettato per chi era abituato alle più semplici 35mm, e –credo- quasi incomprensibile per chi è partito già dal digitale, dove queste problematiche sono semplicemente scomparse.

Infine, la Rolleiflex è di fatto una leggera scatola di alluminio dall'interno praticamente vuoto, in cui il peso è quasi tutto concentrato nell’imponente doppio gruppo ottico frontale, con pesanti vetri ottici ed i piccoli ma tanti ingranaggi di trasmissione dei tempi e dei diaframmi: il sorprendente risultato è che la macchina è bilanciata solo se è a fuoco all’infinito, mentre se si mette a fuoco più vicino il gruppo ottico tende a fuoriuscire, allontanandosi anche se di poco dal centro di massa, facendo tendere la macchina a cadere in avanti! 

 

Anatomia del mio esemplare
 

La mia Rollei è il modello Rolleiflex 2.8F Zeiss Planar, forse il più maturo e prestigioso della Casa tedesca di Braunschweig (a parte alcuni modelli rarissimi, come la Rollei grandangolare e la "Tele-Rolleiflex"). Venne prodotta nella prima metà degli anni '60 in circa 82.800 esemplari (il numero non è del tutto sicuro a causa, come spesso accade in questi casi, di esemplari di pre-serie ed altri di cui non è certa l'appartenenza ai lotti numerati conosciuti). 

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Assonometria della 2.8F
1970Thumb
Schemi ottici dei due obiettivi da ripresa


Sigla del modello

Il modello Rollei è identificato da una parte numerica seguita da una lettera:

  • i numeri indicano, come in tutte le Rollei, la massima apertura dell'obiettivo da ripresa
  • la successiva lettera è un codice progressivo indicante il modello all'interno della serie, normalmente con caratteristiche migliorate rispetto a quelle del precedente

In particolare, la "F" è la massima evoluzione del modello 2.8, la cui storia è iniziata, con poche modifiche, nel 1949 (discendente a sua volta dalla prima Rolleiflex del 1928), e terminata addirittura nel 2002, con una serie speciale per collezionisti.


Obiettivi
Il modello 2.8F (dove il numero indica, come in tutte le Rollei, la massima apertura dell'obiettivo da ripresa, mentre la successiva lettera è un progressivo indicante un modello con caratteristiche migliorate rispetto al precedente) era disponibile in due varianti, che si differenziavano solamente per i diversi obiettivi da ripresa, entrambi di assoluta qualità:

  • Carl Zeiss Oberkochen        PLANAR 2.8/80 mm
        (5 elementi in 4 gruppi ed un angolo di campo da 52°)

  • Schneider Bad Kreuznach  XENOTAR 2.8/80 mm
        (5 elementi in 4 gruppi ed un angolo di campo da 53°)

L'ottica di mira era invece sempre la stessa: uno Heidosmat 2.8/80 mm
 


Otturatore
 
Questo componente meccanico di precisione era un SYNCHRO-COMPUR M X V di tipo circolare, a lamelle metalliche, che permetteva tempi di esposizione da 1” a 1/500”, più la posa “B” 


Caricatore
La Rolleiflex 2.8F accettava i seguenti formati:

  • 6x6      Film 120 da 12 pose (modificabile in laboratorio per il formato 220 da 24 pose)
  • 24x36  Film 35mm              (solo montando l’accessorio Rolleikin 2,8)


Esposimetro
Era accoppiato a tempi e diaframmi, ed era selezionato singolarmente in fabbrica per le sue caratteristiche, per lavorare in modo ottimale assieme a quelle della cella fotosensibile al Selenio (autoalimentata). 


Mirino
Il complesso metallico del mirino a pozzetto, ripiegabile a molla e sfilabile, permetteva i seguenti metodi di mira:

a pozzetto con e senza lente addizionale
(per la messa a fuoco micrometrica)
frontale solo a traguardo per la ripresa sportiva, o con lente e specchio a 45°
(una specie di pentaprisma senza il raddrizzamento dell’immagine)

Nota: il suo utilizzo era piuttosto involuto, visto con i criteri odierni:
          bisognava prima mettere a fuoco utilizzando la lente (con il soggetto
          visto a rovescio!), poi inquadrare guardando nella finestrella e solo a 
          quel punto scattare

 

La lastrina ottica smerigliata era intercambiabile, con inciso un retino di riferimento a maglie quadrate.
 


Pulsante di scatto
Silenziosissimo, era posto in basso, sul frontale. Era munito di levetta di sicura ed aveva la filettatura per il collegamento dello scatto flessibile.


Dimension
i
 della fotocamera (cm)

larghezza

 8,5

solo il parallelepipedo centrale

10,5

incluse le sporgenze della leva di carica e della
ghiera di messa a fuoco/esposimetro

profondità 

10,2

con il gruppo ottico frontale all’infinito

11,2

con il gruppo ottico frontale alla distanza minima
di messa a fuoco, circa 1 m

altezza

14,8

con mirino a pozzetto chiuso

20,5

con mirino a pozzetto aperto

 


Peso
(g)

   1.250      a vuoto (senza caricatore)
   1.580 compresa la borsa in cuoio

 

 


Sigle presenti sui comandi
  

Simbolo

Significato

V

Vorlaufberg (Autoscatto)

X

Sincronizzazione lampo elettronico

M

Sincronizzazione bulbi a combustione

 

 

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La copertina del libro

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La "foto di gruppo" Rollei sul retro del libro

Un vero capitale in rare macchine d'epoca!

Il libro dedicato alle Rollei più recenti

Tutti i dati che ho citato provengono da questo volume specialistico (oramai fuori commercio) che ho acquistato per conoscere meglio la mia fotocamera d'epoca:

TLR

Rollei


Le biottiche “moderne”

1957 – 1976

di Angelo Derqui – Editori del Grifo, 1995
(ISBN: 88-773-252-0 9 78877 732521)


 Nota: TLR sta per "Twin Lens Reflex" ("reflex a doppio obiettivo"),
           il termine inglese per "fotocamera biottica"



Il mio esemplare


Identificazione
La matricola dell'apparechio ed i brevetti a protezione del modello sono riportati sul blocco superiore della parte frontale, in una incisione formata da quattro gruppi di caratteri:

Gruppo 1

  Gruppo 2     e   3

Gruppo 4

DBF          

   2,8 F   2405833  

       DBGM

 

 

 

La cui decodifica è la seguente: 

Gruppo

Interpretazione dei sottocampi

Significato

DGF

 Deutsche Bundes Patent

Brevetto della
Repubblica
Federale Tedesca

2.8 F

 Modell

Modello “Rolleiflex 2.8F

2405833

 Seriennummer

Matricola n° 2.405.833

DBGR

 Deutsche Bundes
 Gebraucht Musterschutz 

Protezione dei marchi della
Repubblica Federale Tedesca

 


Matricola
La serie dal 2.400.000 al 2.451.850 indica che si tratta di un modello dal codice di fabbrica
K7F Typ 1, prodotto dal giugno 1960 a tutto il 1966.

Il mio modello, matricola 2.405.833, dovrebbe quindi approssimativamente risalire all'anno 1961.


 

Storia della Rolleiflex 

 

Premessa

Il nome Rolleiflex è comunemente associato alla linea di fotocamere reflex biottiche tedesche di alta qualità, prodotta a partire dal 1928 dalla Franke & Heidecke (successivamente divenuta Rollei), destinate soprattutto ai professionisti (anche se, oltre alle innumerevoli imitazioni, la stessa società produsse anche modelli più economici con il nome di Rolleicord).

berg.land
Un panorama (dal sito berg.land)

Alcuni fotografi, sia professionisti che dilettanti, continuano tuttora ad usare queste biottiche, che si distinguono per la loro eccezionale qualità costruttiva e la conseguente affidabilità. Ai tempi dei primi modelli, negli anni ’30, erano addirittura rivoluzionarie per le dimensioni ed il peso, contenutissimi rispetto alla fotocamere concorrenti.

Il nome Rollei deriva dal tedesco “Rolle” (rullino), per dare risalto alla contrapposizione con le macchine del tempo, che usavano principalmente ancora la scomoda, ingombrante e fragile lastra fotografica.

RCapa
Foto di guerra di Robert Capa

Oltre che per gli eccezionali obiettivi (Zeiss o Schneider, il massimo allora disponibile), un vero punto di forza delle Rollei era il geniale e robusto meccanismo della manovella di caricamento della pellicola, che rendeva semiautomatico e veloce la predisposizione allo scatto, avviando contemporaneamente il contapose, tendendo la pellicola e caricando l'otturatore. Poiché tutto veniva fatto in meno di un giro completo del rullo di avanzamento della pellicola, queste fotocamere erano particolarmente adatte per le riprese veloci, come il reportage giornalistico: il celebre fotografo di guerra Robert Capa usò una Rolleiflex per documentare la 2a Guerra Mondiale.

L’aggiunta di un ampio panorama di accessori ha poi costruito un sistema fotografico completo: testa panoramica, paraluce, lenti per ripresa ravvicinata, filtri per vari effetti speciali eccetera.

Le fotocamere Rollei erano disponibili con cinque lunghezze focali, partendo dalla Rollei-Wide (grandangolare da 55 mm di lunghezza focale), la Baby Rollei da 60 mm, le Rolleiflex da 75 o 80 mm, per finire con la Tele-Rolleiflex con un teleobiettivo da 135 mm. I modelli Wide e Tele sono oggi particolarmente rari e costosi sul mercato del collezionismo, specialmente in Giappone.


Storia
Il concetto di una fotocamera biottica fu opera di due ex dipendenti della Voigtländer che si erano messi in proprio, Franke ed Heidecke, che cercavano così di risolvere i difetti più vistosi delle macchine fotografiche di allora. La loro prima fotocamera nacque nel 1921, mentre la prima Rolleiflex uscì nel 1928 dopo tre anni di progettazione, diventando in breve tempo ambita ed apprezzatissima per le sue doti: i fotografi da cerimonia, ad esempio, la usarono per un trentennio.

La produzione di quello stesso concetto è continuata, con piccole migliorie, fino al 2014, anche se oramai la Rolleiflex era diventata perlopiù oggetto di facoltoso collezionismo.

 


La serie delle Rolleiflex 2.8

  • La 2.8A, prima Rollei ad essere dotata di un obiettivo così luminoso, nacque nel 1949, come risultato dello sforzo fatto dalla F&H per riemergere dai gravissimi danni della guerra (nel 1944 un bombardamento aveva distrutto la fabbrica di Braunschweig). Aveva già un pregiato obiettivo Zeiss, ma mancava ancora di molti dei successivi miglioramenti che venero introdotti in seguito. La produzione terminò nel 1952.
  • La 2.8B aveva piccole migliorie (1/500" il tempo di scatto più breve, anziché 1/400" come il modello A) e diversi obiettivi, e fu prodotta dal 1952 al '53.
  • Discorso simile per la 2.8C, prodotta dal 1952 al ’55, e per la 2.8D prodotta dal 1955 al ’56.
  • La 2.8E, invece, prodotta dal 1956 al ’59, era praticamente identica alla precedente, tranne la vera grande miglioria: l’aggiunta di un esposimetro interno, sino a quel momento mancante.
  • La 2.8F, prodotta per il periodo di tempo più lungo, dal 1960 fino al 1981 (seppure solo più con modifiche minori), è il modello definitivo, ed ha un esposimetro accoppiato a tempi e diaframmi, oltre che i superlativi obiettivi Zeiss Planar o Schneider Xenotar.

Le ultime edizioni, destinate più ai collezionisti che all’utilizzo fotografico vero e proprio, hanno addirittura visto delle piccole serie placcate in oro.

 

Riferimenti

Questa sintesi storica è basata sui seguenti siti:

it.wikipedia.org storia della Rollei 
rolleiclub club ufficiale
camera-wiki.org storia dei modelli Rolleiflex 2.8
camerapedia storia con tutti modelli
photogallery breve storia degli inizi della Rollei 
nicola focci Una Rolleiflex è per sempre
(lode di un appassionato)
berg.land
mountain and landscape photograph
fotografie in b/n
fatte con una Rollei

 

 

 

Manuale Canonet

Manuale di istruzioni

Questa a fianco è la copertina del manuale originale del modello 2.8C, il cui funzionamento meccanico è quasi identico alla mia (2.8F): le macchine differiscono solamente per la presenza o meno dell'esposimetro, assente nella 2.8C.

(manuale in lingua inglese - cliccare per scaricare il documento).

 

Le immagini della mia Rollei

(pagina dedicata)

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